ALLEANZE VARIABILI AL NORD? BONI: DECIDE SOLO BOSSI

L’obbedienza assoluta e incondizionata al leader Umberto Bossi che non ha successori perché camperà cent’anni. Il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, il leghista Davide Boni, spiega a Panorama.it perché un partito federale, che fino a qualche anno fa invocava la secessione, accetta alleanze decise a Roma per governare la Padania, ma poi si rifiuta di festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia.
Con il Pdl a Milano, Torino e Bologna come deciso a Roma, da soli nei comuni più piccoli come reclamato dalla vostra base.

Perché, per un partito federalista, non ambire a correre con un candidato proprio anche nelle piazze del Nord che contano davvero?
Ma perché evidentemente ci sono delle scelte strategiche che il segretario federale insieme al presidente del Popolo della Libertà hanno preso per giocare questa partita. Credo sia più importante, in questo caso, segnare la posizione che non avere la libertà di giocare da soli. I rapporti tra i due alleati a livello locale sono idilliaci.
Superate le perplessità è arrivato il via libera alla ricandidatura di Letizia Moratti per Milano. Come, quando e perché si è sbloccata la situazione?
Si è sbloccata perché Umberto Bossi, che è quello che poi alla fine decide le alleanze, ha deciso che il candidato fosse degli alleati. Non c’è una preclusione, noi siamo una formazione politica così granitica che non ha problemi a stare alle indicazioni dirette che arrivano dall’alto.
Proprio nessuno?
Bè, è normale che il candidato leghista fa sempre più piacere per i leghisti ma poi noi giochiamo per chi ci viene ordinato di giocare.
A una condizione, però, che il vicesindaco sia il vostro Matteo Salvini.
Questo mi sembra il minino, d’altronde in dei rapporti di coalizione leale dove il vertice è di una formazione il vice è sempre della formazione alleata, anche perché la Lega è in grado di esprimere una classe amministrativa di altissimo valore, ormai siamo pronti, ci siamo allenati a governare.
E anche a ottenere quello che volete come il federalismo fiscale. Certo, però, c’è voluto un voto di fiducia e intanto il segretario del Pd Bersani vi tenta a farlo con il centrosinistra il “vero” federalismo. La Lega cederà?
Per il momento credo che i patti fatti con Berlusconi e il Pdl siano stati rispettati. Credo anche che di fronte ad allettanti proposte di altri, si sia cementato un rapporto in alcuni casi molto forte, che in questo momento non si hanno ragioni di rompere. In effetti, anche in Bicamerale, gli uomini del Pdl hanno votato con noi mentre quelli del Pd ne hanno fatto più una questione politica che una questione di merito. Ricordo che fino al giorno prima erano d’accordo anche loro sul federalismo fiscale…
Alleanza con Berlusconi blindata anche in prospettiva di eventuali elezioni anticipate?
Io credo di sì. L’indicazione di Umberto Bossi per il momento è questa, poi sta solo a lui decidere altrimenti, per il momento noi ci muoviamo come ci viene indicato.
Anche sul rimpasto di governo alla fine deciderà tutto la Lega?
Non tutto, ma d’altronde siamo la formazione che fino a questo momento si è mostrata più graniticamente leale verso l’alleato. Non è che la Lega può essere usata solo per raccogliere voti e d’altronde abbiamo dimostrato di avere degli uomini che possono e sanno governare al meglio. Il processo federale è in mano a Bossi e Calderoli, abbiamo il miglior ministro dell’Interno della storia repubblicana!
A proposito di Maroni, per i vostri militanti è lui il più gettonato a succedere ad Umberto Bossi.
Ma guardi, le successioni da qui a cent’anni sono difficili da individuare. Credo non ci sia alcun idea di successione del segretario federale. Ci sono bravissimi colonnelli ma il generale rimane sempre lui.
Si avvicina il 17 marzo. Le Lega non festeggia, giusto?
No, lo subiamo più che festeggiarlo. Il festeggiamento dovrebbe venire dalla gioia di festeggiare qualcosa, una roba decisa a tavolino diventa un po’ più difficile da festeggiare.
Leghisti padani, non italiani?
Ma vede, il fatto è che le cose vanno costruite insieme. Se mi si chiede se mi sento europeo, dico che non abbiamo fatto ancora l’Italia, figurarsi pensare di diventare pure europei.


da Panorama.it

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