Boni e Conte: "Nel Cadore già colpito da delocalizzazione c'è chi ospita i profughi a 52 euro vitto e alloggio alla settimana. La spesa infinita."
L’anno scorso a maggio 2011 sono giunti
circa 50 profughi nel cuore del Cadore.
Il
Cadore è un territorio storico che fa parte dell’alta provincia di Belluno ed appartiene
interamente alle Dolomiti; in queste zone c’è gente che lavora duramente,
temprati dai freddi inverni, persone che pagano le tasse ed hanno nel DNA
quella simpatia coinvolgente che ti porta ad assaporare un bel bicchiere di
vino rosso insieme al bar, conservando una cultura Ladina radicata da sempre;
vivono in una delle zone paesaggisticamente più belle del mondo circondati da
montagne rocciose che all’imbrunire si colorano come per magia di rosso
complice la dolomia.
Un tempo quest’area
era uno dei motori economici della Regione Veneto non solo per il turismo ma
per la presenza del Distretto industriale dell’Occhiale. Piccole e Medie
imprese a livello famigliare distribuite in modo omogeneo storicamente
determinate e specializzate in una o più fasi di un processo produttivo,
integrate mediante una rete complessa di interrelazioni di carattere economico
e sociale sostenevano la produzione di accessori ottici in modo da
rendere il prodotto competitivo in tutto il mondo.
Poi una drammatica
delocalizzazione, che si poteva e si doveva evitare, in quanto non strettamente
indispensabile, e la crisi che stiamo attraversando hanno condannato il
distretto, ed è stata naturalmente seguita da una crescente penuria di lavoro in
Centro Cadore che ha costretto alla chiusura molte aziende. Per non parlare
delle pesanti ricadute su altri settori dell'economia locale, principalmente
quelli collegati a visite di clienti italiani e stranieri, rappresentanti,
tecnici, ed a cascata con un grave calo di consumi su alberghi, ristoranti
ed abbigliamento.
Il
risultato è quello di vedere i graziosi paesi della famosa Statale Alemagna 56 abbandonati
a se stessi privi di ogni attrattiva e motivazione per essere risollevati.
A
testimonianza di uno dei miei collaboratori, Massimiliano Conte (Consigliere di
zona 4) che da sempre frequenta queste zone perché ha discendenze, sono venuto
a conoscenza che i profughi arrivati nel 2011, sono stati delocalizzati e sistemati comodamente
in alloggi di proprietà di alcuni comuni Cadorini. Abitano graziosi appartamenti
serviti di tutto, gli viene fatta la spesa direttamente da una lista stillata
secondo le loro esigenze e viene dato loro un sussidio. Il sussidio è a discrezione
di accordi presi con le amministrazioni; si differenzia tra i 52 euro la
settimana per chi lavora aiutando il comune accogliente e 32 euro la settimana
per chi decide di non lavorare.
A parte qualche Sindaco che ha concesso la disponibilità ad
ospitarli alla condizione che lavorino, altre
amministrazioni hanno lasciato la decisione ai diretti interessati con il
risultato che è meglio percepire meno soldi di sussidio ma non lavorare.
Da precisare che molti sindaci, in primis quello di Calalzo, Luca de Carlo non diedero disponibilità, e anzi si opposero fermamente.
Da precisare che molti sindaci, in primis quello di Calalzo, Luca de Carlo non diedero disponibilità, e anzi si opposero fermamente.
L’ospitalità ed il mantenimento doveva durare qualche mese ma gli
ospiti hanno anche vinto un ricorso al Tar che ha dato il permesso di
prolungare la permanenza a spese dei comuni.
Il nostro slogan ci dice “prima il nord” ed è proprio in tal senso che
il Nostro Movimento da sempre si batte per la salvaguardia di tutte le realtà
territoriali radicate. Ci devono essere prima le giovani coppie che non
vogliono abbandonare i paesi; prima le persone anziane che non riescono a
riparare le grandi case vecchie ormai in decadimento; prima le famiglie che non
riescono a trovare lavoro a seguito della chiusura delle aziende legate
all’occhialeria.
Ma non ci sono solo i profughi in questi paesi, ci sono anche intere
famiglie di immigrati alle quali è stata data negli anni la possibilità di
avere alloggi nelle case che appartengono ai comuni che non si possono chiamare
di “edilizia economica popolare” perché le abitazioni ricavate nel palazzo di
un tal Comune che a fine ‘800 ha ospitato la Regina Margherita durante le
vacanze estive si può definire con molti aggettivi ma tutt’altro che “economico
popolare”.
Sarebbe opportuno da parte del governo centrale finanziare aspetti autoctoni
e non alloctoni in modo da risollevare il comparto territoriale importante
quale è il Cadore, affinchè i paesi che si sono spenti nel tempo ritrovino il
loro splendore. E così anche per tutte quelle che sono le nostre zone montane sparse
per l’arco alpino. Prima la nostra gente, prima il nord.
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