Unità d'Italia e identità regionali
ho
seguito con interesse, attraverso le pagine del Suo quotidiano, le reazioni
suscitate dalle dichiarazioni del Presidente della Repubblica, On. Giorgio
Napolitano, sul tema dell’unità nazionale e della secessione. Pur non volendo
entrare in polemica con il Capo dello Stato, con il quale ho avuto modo di
dialogare in molte occasioni, e che reputo uomo di grande levatura morale e di
grandi capacità politiche e istituzionali, vorrei tuttavia spezzare una lancia
per chi, ancora oggi, non ha paura di nascondere le proprie radici e il profondo
legame con il territorio in cui è nato e cresciuto.
In
qualità di Presidente del Consiglio della Regione Lombardia ho sempre cercato
di mantenere un equilibrio istituzionale nei confronti di tutti i miei colleghi
per rispetto della carica che ricopro, accettando, mio malgrado, anche molte
imposizioni. Come saprete, in apertura
di ogni seduta del Consiglio regionale viene eseguito l’inno di Mameli e, a
differenza di altri colleghi del mio partito politico di appartenenza (la Lega Nord ), io ho scelto
di restare in aula, non per convinzione personale, ma per dovere di ufficio. Le imposizioni, però, non possono aiutare a
crescere questo Paese e a suscitare nel popolo italiano l’amor di patria
necessario per pensare che questo sistema sia il migliore in assoluto.
Personalmente
non ho mai avuto timore nell’ammettere che, prima di tutto, sono fiero di essere lombardo, figlio di una
realtà territoriale che ha dato molto, anche troppo, al resto del Paese. Come Coordinatore
nazionale della Conferenza delle Assemblee legislative mi trovo spesso al
tavolo con i colleghi delle altre Regioni e le diversità nell’affrontare le
varie tematiche emergono in maniera evidente. Peraltro gli stessi dati relativi
ai bilanci regionali non lasciano dubbi, così come le spese di funzionamento
delle varie Regioni riproducono fedelmente il ritratto della classe politica
che amministra i singoli enti locali, con debiti enormi che si alimentano in
molti carrozzoni che ancora oggi sopravvivono nel Sud del Paese. Nonostante
questo non mi sono mai posto in una posizione di superiorità rispetto agli
altri Presidenti anche se, alla fine, i dati relativi al debito pubblico
evidenziano tutte le fragilità di un’unità che ha messo in luce solo tante
disparità. Anche dinanzi a questo si preferisce pensare che le celebrazioni, le
manifestazioni, i concerti o l’esecuzione sistematica dell’inno nazionale possano
farci amare un po’ di più questo Stato, così come lo conosciamo oggi.
Caro
Direttore, com’è difficile mantenere sempre un’etichetta istituzionale, anche
quando l’orgoglio di noi lombardi vorrebbe esplodere dal petto ogni volta che ci
obbligano a nasconderci dietro il fatto che questo Paese deve restare unito a
prescindere da tutto. Una condizione che, di certo, non aiuta a valorizzare l’identità
dei singoli popoli che formano questo Paese.
D.B.
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